Maria Organtini


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Gennaio-Aprile '73

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<< PENSIERI DEL NOSTRO TEMPO >>
Rubrica settimanale tenuta da Maria Organtini sul bisettimanale “il Cittadino


Giovedì 11 gennaio 1973

L’amore dei giovani d’oggi

«Se solo potessi dirgli la verità: Antoine mi piace, ho voglia di ridere (far l'amore) assieme a lui, di sentirmi nelle sue braccia. Ma che potrei dire di peggio a un uomo che mi ama?...». Questa frase è stata tratta da un libro di Francoise Sagan «La Chamade» ed è significativa del modo di amare dei giovani d'oggi. Il timore, l'educazione di una volta che impedivano ad una ragazza di desiderare il proprio ragazzo ora sono caduti, ma non senza pagare un certo prezzo.
Oggi che in molti paesi i rapporti intimi fra i ragazzi sono divenuti liberi, assistiamo ad uno strano fenomeno, c'è in loro (specie nel ragaz­zo) il desiderio di trovare un'autenticità dì sentimenti la cui mancanza pesa, inducendoli a ricercare tali valori in realtà artificiose (droga, omosessualità, pornografia ecc.): tutto ciò non può dare altro che un'immagine falsa e distorta del vero sentimento dell'amore.
L'amore, al contrario, è una «scintilla» che porta due creature a «vedersi» in mezzo a tante altre, a desiderare di aiutarsi nel superamento dei propri egoismi.

Giovedì 18 gennaio 1973

Due universi

Se da un Iato abbiamo il progresso tecnico (simboleggiato dalla fabbrica), dall'altro l'immagine di uomini intenti a lavorare la terra con mezzi così arcaici (la zappa), dobbiamo porci una domanda: «E' giusto che nella nostra epoca esistano persone, popoli in stato di arretratezza in alcuni casi totale?». Il progresso creato dall'uomo avanza in tutte le direzioni, le imprese spaziali e le scoperse scientifiche si fanno sempre più ardite, sembra che nulla possa fermarlo ma ancora oggi nei mondo i due terzi della popolazione muore di fame!
Guanti uomini anche in questa nostra Italia ancora oggi debbono lasciare le loro terre, la loro casa tutto ciò che rappresenta il loro mondo ed emigrare, perché qui non trovano i mezzi sufficienti per vivere da «uomini» e non da rifiuti umani.
Il progresso potrà dirsi veramente tale, quando avrà dato a ciascun uomo la sua dignità.

Giovedì 25 gennaio 1973

Il coraggio di essere liberi

Fumare una sigarette all'hashish o alla marijuana, ai nostri giorni, ha lo stesso valore che per i giovani della generazione passata aveva la prima sigaretta al tabacco. Rivoluzione, sesso e droga sono una verità che non si può più tacere. Cosa spinge tanti giovani d'oggi su queste strade? E' il rifiuto della nostra società, così come noi l'abbiamo costruita. Abbiamo voluto creare un mondo dove loro non avessero avuto di trovare le nostre rinunce, le nostre mortificazioni (nella carne e nello spirito), abbiamo detto loro tutto quello che sapevamo in fatto di sesso, ma ci siamo dimenticati di insegnar loro la gioia, la soddisfazione che possono derivare dalla comprensione verso gli altri in un rapporto di amicizia, di amore vero.
Dobbiamo insegnare loro il coraggio di essere liberi, prendendo su di noi la nostra parte di responsabilità, soprattutto dobbiamo «amarli».

Giovedì 1 febbraio 1973

Fuggire…da chi?

«Come mi perdo nel cuore di qualche bambino, mi sono perduto molte volte sul mare» (G. Lorca, Gazzella della fuga).
Come l'uccello marino, l'uomo che fugge lascia dietro di sé la traccia. Che importa se questa sarà lieve come il cerchio tracciato sull'acqua, o profonda come l'impronta stessa della scarpa sulla terra!
Fino alla fine dei suoi giorni egli cercherà il perché della propria esistenza.
Quante volte si tenta, nella vita, di alzarci in volo verso un chi, un qualcosa che abbiamo appena intravisto, poi si torna e ci si rende conto che nulla di ciò che è terreno può darci una risposta.
Solo nella FEDE è la VITA.

Giovedì 8 febbraio 1973

È giusto «uccidere» per pieta?

Quando vediamo un nostro congiunto che soffre e sappiamo che «non c'è più nulla da fare», abbiamo il diritto di chiedere la cessazione dell'impiego dei mezzi atti a prolungarne la vita, oppure può esistere qualcuno, il medico o il paziente stesso che possano decidere in merito?
L'idea di «morire con dignità» può attrarre, ma allora viene a cadere tutto ciò che è fa base dell'uomo, «il diritto alla vita». Il dovere della scienza non è quello di sopprimere, ma di alleviare le sofferenze con gli strumenti a sua disposizione.
Il dovere dell'uomo, è quello di « sperare ».

Giovedì 15 febbraio 1973

Il valore della maternità

Ancora oggi come ieri, la prima parola del bambino è «mamma» ed è anche l'ultima per chi muore.
Abbiamo inventato tutto, abbiamo scartato tante cose di cui ritenevamo l'origine sorpassata, ma una sola, come il faro nella notte, resta e resterà per la nostra guida nel cammino dell'esistenza la mamma. Il legame che unisce un figlio alla propria madre, va al di là di tutti i significati fisiologici, sociali, giuridici che gli si possono attribuire per­ché è principalmente un legame d'amore.
L'uomo deve difendere il valore della «maternità» di fronte alla grande minaccia dell'aborto, perché Dio, padrone della vita, ha affidato agli uomini l'altissima missione di proteggere la vita.

Giovedì 22 febbraio 1973

La fede oggi

Mentre qui da noi assistiamo al fenomeno delle Chiese deserte, in Russia, come risulta da una recente inchiesta, la fede e così le pratiche religiose, sono in pieno risveglio. Le chiese sono piene di fedeli per lo più donne, ma non mancano gli uomini e i giovani, tutti seguono le funzioni con raccoglimento e partecipazione degni di una vera comunità di credenti. Solo i militari, a cui il culto è vietato, restano sul sagrato ad attendete i familiari. Oggi che la lotta alla religione ha perso il suo significato drammatico, ci si rende conto come non siano sufficienti all'uomo un più largo benessere, una maggiore libertà di costumi e neppure il consumismo a cui molti sembrano votati per supplire al desiderio della fede che è insito nell'uomo medesimo.
Ai russi non è servito mettere sull'altare nuovi ideali terreni, e aprire sulla Piazza Rossa una cripta in onore dei nuovi santi e proporre il comunismo come nuova religione. Quello che le autorità sovietiche non rie­scono a capire è che, in definitiva, la maggiore attrazione della religione è nel mistero della Fede. I cittadini sovietici possono anche essere soddisfatti delle condizioni create dal regime, ma non hanno risolto il problema dell'insoddisfazione inferiore, il problema del «dopo».
Si è creduto che un'ideologia nuova fosse sufficiente, ma questo indubbiamente è dovuto al fatto che la fede in ogni epoca si è espressa necessariamente nel linguaggio di un'ideologia determinata, ma non può essere ridotta ad essa, poiché la Fede non è un'ideologia, ma un modo di esistere.

Giovedì 8 marzo 1973

Paura di morire

Questa mattina, appena sveglio, un pensiero mi ha attraversato la mente: «Questo potrebbe essere il mio ultimo giorno».
- Accidenti all'inquilino del piano di sopra, non potrebbe abbassare la radio!
- I bambini stanno piangendo, Marco ha tirato i capelli al fratello.
- Presto, debbo andare in ufficio.
- Tutti gli altri che guidano, sono deficienti.
Sto guidando e penso a come fare: - Oggi ho un colloquio col direttore, non posso dirgli che non capisce niente di tecnica della produzione, è il mio campo quello!
- Il pranzo alla mensa era schifoso.
- Il Gigi ha tentato di parlare con me, io non ho voluto ascoltarlo.
- Sono tornato a casa e ho sgridato mia moglie, il pranzo non era pronto.
- I bambini volevano giocare ho accondisceso, ma ero tanto lontano.
- Ora sono nel mio letto, ringrazio il Signore.
- Non era l'ultimo giorno.

Giovedì 15 marzo 1973

L’ora delle Scelte

- Perché ora che tutto è avvenuto sei così lontano da me? - Dicevi che avresti dato la vita per questo.
Non sempre il dono di se stessi porta gioia perché l'uomo, nell'attimo stesso in cui realizza il possesso di un altro essere, si rende conto che non è nel corpo che si completa l'amore.
Se l'amore non è calato nella realtà delle cose, può diventare una schiavitù capace d'uccidere.
E' questo il momento delle scelte, accettate le debolezze del nostro corpo e soccombere ad esse, oppure riconoscendole, superarle e dirigerle verso il fine supremo dell'amore che è l'accettazione e il rispetto verso un altro essere come noi «degno d'amore».

Giovedì 22 marzo 1973

Sovrappopolazione

Siamo troppi? Il mito della sovrappopolazione viene propagandato con ogni mezzo da organismi internazionali (FAO, Banca Mondiale, Club di Roma, ecc.) come comodo alibi per il perdurare dell'ingiustizia nella distribuzione della ricchezza mondiale. Il prof. Coin Clark, uno dei più noti economisti del mondo, afferma che la terra può sfamare altri 50 miliardi di uomini. Ed oggi siamo solo 5 miliardi!
Ma quanto c'è di vero in queste asserzioni e quanto di ideologico e di mitico? In che misura si tratta veramente di verità scientifiche e in che misura invece rappresentano altrettanti miti di una civiltà che qualche buon spirito in vena di scherzare ha chiamato demitizzata?
Occorre ristabilire l'obiettività scientifica offesa da un'ondata di pseudo-di­mostrazioni a tesi precostituita, fondate su dati carenti e analisi parziali, diffuse ad arte attraverso i più potenti mezzi di comunicazione per inculcare la certezza dell'inevitabili a di un controllo delle nascite su vasta scala, da realizzare prima o poi in forma coercitiva o con l'aborto generalizzato.
Creando dei pseudo problemi (quello della sovrappopolazione, ad esempio) si distoglie l'uomo dal pensare al vero problema che gli sta davanti e che è l'ingiusta distribuzione delle ricchezze. E soprattutto, lo si distoglie dal risolverlo nel rispetto dei diritti e della dignità di tutti, spingendolo a soluzioni aberranti, quali l'aborto e la sterilizzazione coatta, che hanno non solo l'aria ma anche la sostanza di una decimazione dell'unità realizzata dai paesi ricchi sulla pelle di quelli poveri.


Giovedì 29 marzo 1973

Penitenza nella società

Un giovane ci ha detto «aspettiamo che la società si rinnovi prima di entrarci». E l'accusa alla società è di non far subito e presto ciò che è evidente, giusto e sacrosanto fare per rimuovere e riformare. Ma stare al di fuori delle strut­ture è penitenza così come lo stare al di dentro: penitenza di attesa da una parte e fatica di spingere le cose alla loro soluzione, contro ogni conformismo, dall'altra. Vi è una penitenza nella società, ma non è da intendersi come rassegnazione nell'attesa, bensì come penitenza operante, forte di speranza e di volontà. L'attendere è da pecorume che ogni ombra sospinge di qua e di là, ed è il bastone o il ringhio del cane a governarne l'abulia.
I giovani perdono sovente la pazienza con gli anziani perché ritengono che siano superati, che ormai non abbiano più nulla da dire, ma loro i giovani che cosa dicono di nuovo? Contestano, criticano, il che può essere stimolante, ma se alla critica non aggiungono l'impegno personale, il pagare di persona come tanti anziani hanno fatto a suo tempo, ecco che la critica stessa non ha più valore, diventa sterile.
Prendiamo allora atto del valore della pazienza e costruiamo con essa quel domani migliore per tutti, giorno dopo giorno senza stancarci, con amore per ogni essere umano.

Giovedì 5 aprile 1973

Il pudore fatto a pezzi

L'interprete femminile di «Ultimo tango a Parigi», alla domanda se non si sentisse a disagio per le scene girate, se insomma non avesse un po' di pudore, ha risposto: «II pudore? Non so cosa sia».
Non c'è da meravigliarsi poi tanto di una simile risposta, oggi che il sesso con tutte le sue varianti ci viene servito a pranzo, cena e colazione. Volevamo uscire dai legacci che ci costringevano in una visione troppo «romantica» del sesso e dei suoi componenti prendendo nozioni, visioni e lezioni, come avremmo fatto per una medicina raccomandata, con il risultato di aver esagerato nelle dosi, per cui subentrando l'assuefazione, non siamo più in grado di reagire. Oggi qualsiasi prodotto si vende, compera e si rivende, solo se a reclamiz­zarlo c'è un seno, o una parte abbondante di glutei. La parola d'ordine è «sexy», tutto il resto (bontà del prodotto, genuinità, autenticità, ecc...) sono fattori secondari.
I giovani allevati alla scuola di certi film vanno perdendo il senso del pudore che è rispetto di ogni intimità verso se stessi e nei riguardi degli altri. E tutta la società ne è responsabile, anche coloro che non fabbricano il prodotto sexy, ma che indirettamente lo sostengono e lo finanziano facendo ressa per vedere certe pellicole. Basterebbe che i cattolici disertassero, perché certi film sparissero dalla circolazione: i produttori non sono né culturali né anti culturali, fabbricano il consumo cioè denaro.

Giovedì 26 aprile 1973

Libertà di uccidere

Non si può e non si deve uccidere, neppure in nome di un'idea politica, perché il diritto alla vita è sacro per ogni individuo.
I sanguinosi fatti di Roma e di Milano ci pongono di fronte ad una grave situazione che una società onesta non può più tollerare. La delinquenza organizzata costituisce una «antisocietà» nella società e, di conseguenza, è un attentato contro l'intera collettività, quindi anche contro membri della comunità che, apparentemente, sembrano non ricevere danno diretto dalla «antisocietà».
Troppe esaltazioni sono state fatte e si fanno (magari inconsciamente) del crimine; troppe le strumentalizzazioni della violenza, troppe le reazioni artificiose contro richieste di inasprimento di leggi o, addirittura, contro provvedimenti che possano mettere in grado i tutori dell'ordine di svolgere con maggiore profitto il loro lavoro per la nostra collettiva difesa.
Oggi non possiamo più estraniarci da tutto questo, sia come cittadini e ancor di più come cristiani. Se vogliamo continuare ad essere uomini, dobbiamo condannare e prevenire la violenza in ogni sua manifestazione.


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