Maria Organtini


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Dal 1989 al 1995

Le prefazioni scritte

Anno 1989

Premio Nazionale “La Culla 1989” - Ediz. Longoni Litotipografia Briosco (Mi)

…Colui che dona non si annienta,
ma si manifesta eternamente nel suo dono,
benché doni tutto ciò che ha.

(Jean Marie Lustiger da “Abbiate il coraggio di credere!”-Ediz. Paoline)

...e dono è la poesia. Il pensiero umano che prende forma nel verso poetico, estrìnseca il sentimento puro e generoso nato nell'esperienza più profonda che ogni persona vive nel quotidiano confrontandosi con il fratello in Cristo.
«La piccola Betlemme» questa raccolta di poesie articolate in un percorso emblematico: «L'incanto del mistero», «Madre di Dio e degli uomini», «Oltre la speranza», «Nel segno della Pace», «Nonostante tutto, l'Amore» e «Universalità dei sentimenti».
Tappe di un discorso che travalica il senso stesso delle parole, che si pone come flusso di anime in cammino verso una capanna dove risiede un «Re» senza corona, su di un giaciglio dì paglia amorevolmente vegliato da una giovane Madre con accanto il suo sposo. Ma, è verso Lui che la gente di ogni Paese accorre fiduciosa.
Nelle sue preziose mani è riposto tutto l'Amore del mondo. Poesia è il canto degli Angeli che annunciano la Sua nascita, e Poesia chiama a Veduggio gli uomini di ogni regione che da dieci anni giungono per portare una parte di anima, con il peso degli affanni, dei dolori, con la gioia di trovare in altri uomini lo stesso desiderio di condivisione di quei pastori che giunsero e videro in quella «Culla» il figlio di Dio. Nel Premio la «Culla» il simbolo della volontà di ripercorrere nella speranza quel cammino. In questo libro che raccoglie cinque edizioni del Premio, la testimonianza di questo percorso. Questa raccolta ha anche un significato dì confronto, di meditazioni sul Mistero della Fede come viene vissuto oggi dopo duemila anni; quale posto gli è riservato nella vita frenetica di oggi piena di contraddizioni e di egoi­smi? «Amare gli altri è una pesante croce...» cosi inizia una poesia di Borìs Pastemak, quanta verità racchiusa in un verso! Spogliarsi dei propri egoismi è difficile ma non impossibile! Sfogliando queste pagine, potrebbe accadervi di trovare la risposta ai vostri problemi, suggerita proprio da una poesia di ragazzi, perché molto spazio hanno avuto, da sempre, i giovani in questo incontro presso la «Culla». Non poteva essere altrimenti; «Lasciate che i bambini vengano a me, e non impediteli, perché il Regno dei cieli è per quelli che sono come loro», queste parole, ricordate mi Vangelo, sono state sempre presenti nelle intenzioni degli organizzatori del Premio, come pure le amorevoli attenzioni di Padre David Maria Tumido che per tanti anni ha tenuto accesa la fiamma della poesia ispirata al Cristo Bambino di Betlemme. Ecco il poeta che dona, spogliandosi della sua anima per congiungersi con altre anime alimentando così la fiamma che arde netta lampada della Fede.
Ancora una volta, dopo dieci anni, questa fiamma verrà alimentata da altri poeti, altre poesie che segneranno il tempo della vita nel cambio di un «testimone» che si chiama «GESÙ».

Anno 1990

Salvatore Stellabotte: La città dei sogni -Ediz. GR Besana Brianza

Infinite possono essere le ragioni che spingono l'uomo a scri­vere dei propri sentimenti, delle lacerazioni subite nel quotidiano dove i sentimenti per sopravvivere debbono essere celati o quanto più resi inoffensivi perché altrimenti potrebbero essere fraintesi e a loro volta offesi. Il bisogno dell'animo umano molte volte si trasferisce nel so­gno e da questi nel verso poetico, che cela il bisogno d'amore mai rinnegato completamente e che trova l'apoteosi nell'espressione li­bera del desiderio tradotto in parole. Com'è difficile per l'uomo comunicare i propri sentimenti, così per il poeta sensibile che vorrebbe esprimersi al meglio e per far ciò ha davanti a se una strada da percorrere non sempre facile, che richiede sacrificio e studio continuo. Una prima silloge poetica non può dare la misura di un uo­mo, ma serve a comunicare un discorso che si vedrà nel tempo se saprà dare i suoi frutti.

Anno 1992

Augusto Robiati: L’amore che non tradisce - Ediz. Montedit (posfazione)

«Tu puoi credere, viandante, che il Fato
sia un abisso fuori di te stesso,
attorno a cui puoi camminare
usando previdenza e saggezza»

(«Lyman King» tratto dall'antologia di
Spoon River di Masters, Newton Compton Editori.)

Nel nostro cammino terreno siamo tutti viandanti, ma non tutti siamo dotati di «previdenza e saggezza», soprattutto in grado di riconoscere quanto importanti siano per la nostra formazione spirituale, i compagni di viaggio.
Augusto Robiati, ha voluto con questa sua fatica rendere omaggio alla sua compagna e ai valori morali e affettivi che li hanno sorretti in questi anni. Lo ha fatto con la tenerezza comprensibile nell'uomo che ha rico­nosciuto I1amore Supremo nelle indicazioni dell'amore terreno, vissuto giorno dopo giorno. Gioia della conoscenza, completezza del disegno Divino che gli fa scrivere: «Quando Ti prego non posso/che piangere. /Ma è un pianto di gioia, /perché Ti amo». Ma la fonte di questo Amore ha generato perle: dono della Fede che egli porta a tutti coloro che vogliono ascoltarlo, Amicizia e Riconoscenza verso coloro che gli hanno teso un mano e l'hanno saputo ascoltare. Il suo cuore è colmo di questa "forza" ed egli continua così il suo cammino, adoperando i mezzi a sua disposizione: la parola scritta; il messaggio che si fa testimonianza. Il dettato è semplice, come puro e semplice è l'affetto che lo muove, un sorso d'ossigeno nella rarefazione dei sentimenti, che ogni giorno ci stringe come una morsa. Il verso poetico scorre e ci aiuta a credere, a non rinunciare alla speranza, all'amore nell'uomo, in definitiva alla realizzazione di una migliore umanità.

Antologia 1981/1992: Cenacolo Pamb - Editrice Àncora Milano

Testimoniare, con un breve scritto, i primi dieci anni del Cenacolo dei poeti e artisti di Monza e Brianza, è un'impresa tutt'altro che facile. Dieci anni fa, Monza viveva un momento dì fermenti culturali, c'era nei monzesi il desiderio di unire gli uomini che avevano in comune la volontà di fare cultura per dare a questa città una propria identità di valori in grado di fungere da polo d'attrazione per quanti operavano in Brianza.
In questa pubblicazione troverete elencate una campionatura degli accadimenti e dell'espansione verificatisi anche a livello nazionale e internazionale dei poeti e degli artisti che si sono succeduti all'interno dell'Associazione, di quello che oggi producono e dei futuri progetti. Molti ci hanno sostenuto nelle varie iniziative ed a essi va il nostro meritato 'grazie' a cominciare dall'Amministrazione Comunale. Non abbiamo voluto fare di proposito un elenco, ma ci è sembrato giusto ricordare coloro che hanno collaborato, inserendoli negli appunti storici del nostro sodalizio. Durante questi anni, ci siamo aperti a diverse e svariate forme culturali: poesia, prosa, danza, musica (sinfonica, classica, antica, lirica, moderna, jazz ecc.), pittura, scultura, grafologia, teatro, cercando di approfondire il senso della vita nel bello e nel buono in forma ascensionale, come recita il nostro Statuto. Il cammino, non sempre è stato facile ma ci hanno confortato, con la loro presenza, tutti i vari collaboratori e anche se qualcuno s'è perso per via, noi ne abbiamo conservato il ricordo e qui lo riproponiamo affinché coloro che verranno sappiano far tesoro dei valori di amicizia che sono alla base della crescita del nostro Cenacolo; anche la critica affiancata alla solidarietà, ci è stata di grande aiuto. Tutto fin qui accaduto, ha contribuito all'espandersi dell'arte nell'ac­cezione più vera senza dogmi e preclusioni al solo fine di delineare la mappa culturale di Monza e della Brianza.

Anno 1993

Ernesto Soren: In cerca di senso - Ediz. Montedit

«Io sono un servo ribelle; ma allora dov'è la Tua grazia?
Dov'è, in fondo al mio cuore, la limpida luce Tua?»

(Le Rubaiyyàt di Khayyàm, Quartina 49, Grandi tascabili Newton)


Prendere in mano il libro di Ernesto Soren è come iniziare un cammino attraverso la psiche dell'autore che, interrogandosi sui perché dell'esistenza, affida il compito, arduo, al fascino indiscusso della poesia. «In cerca di senso» è un'opera prima che pone domande: una sull'altra senza tentare risposte al significato dell'esistenza. Un tormento senza fine che percorre tutti i canali dell'essere, analizzando i motivi di un "destino", la sua ineluttabilità: «Per necessità intendiamo quello che, come sperimentiamo e riconosciamo, deve essere; forse giungiamo persino a comprendere il motivo per cui non potrebbe essere diversamente" (Romano Guardini, «Gli elementi del destino»).

Allora, si potrebbe dire che i versi poetici di Soren cercano una risposta ai molti interrogativi suscitati nonostante l'evidenza. Ma non è forse questa "ricerca" il pungolo principale che spinge l'autore a scrivere? Anche noi che tentiamo una chiave di lettura a beneficio del fruitore, siamo caduti nel labirinto delle domande. L'uomo, da sempre s'interroga sul suo cammino terreno, e da sempre trova nella fede quel sostegno che altrimenti cercherebbe invano. Lo sa molto bene il poeta che, dopo avere peregrinato, setacciato i propri versi, vagliato le paure, i vaneggiamenti dello scibile che mostra di saper aggiogare con perizia, esausto, ammette: «Non posso negarlo!/non posso perché io.. ./Io amo Dio» (da: I tre punti di Yah). E in questa chiusa si giustifica la ricerca esasperata che fu di altri poeti e di tutti coloro che sono «In cerca di senso».

Salvatore Stellabotte: La stagione dei fiori aperti - Ediz. Montedit

I chiodi mi fanno male/E io mi metto a ballare
Per dare sollievo alla voce/E placare latrato di cane,

(da I chiodi di Raffaele Carrieri )

Siamo tutti poeti, o quasi! Dipende sempre da una moltitudine di fattori che una persona riesca più o meno a estrinsecare in versi le proprie emozioni. Oggi si fa un gran parlare su ciò che è poesia e ciò che non lo è. Noi non vogliamo prendere una precisa posizione in merito, ma invitare il lettore a soffermarsi sui versi di Salvatore Stellabotte che raccontano il vissuto lontano dalla terra natia: la sua nostalgia, il ricordo, i tentativi di mettere radici lontano da lei.
La stagione dei fiori aperti, viene dopo La città dei sogni, ediz. GR di Besana Brianza, e rispetto alla prima, dove il tema della lontananza era affrontato in maniera soft, qui si nota un approfondimento delle tematiche, un'esplorazione più circostanziata del quotidiano vissuto nell'infanzia con i ricordi del padre"...! tuoi passi non sono più leggeri/come in quei mattini lontani... aprivi l'uscio alzandone i cardini." (Radici). Il ricordo della terra di origine è chiaro, scolpito nella mente e ci rimanda immagini nitide come in un fotocolor..." terra della mia gioventù/dai piedi scalzi/i nitriti dei cavalli/liberi riempivano l'aria/come i cinguettii degli uccelli/il gracidare delle rane/negli stagni di acqua limpida/tra il frastuono delle cicale." (Addio alla mia terra). A contrasto, le problematiche di oggi: l'inserimento nella città d'asfalto grigio; il rapporto con la donna dei sogni: "Resta, appesa ad una sottana rosa/ la mia ansia di te." (La sottana rosa). Qui, nei versi di Stellabotte, si celano i sentimenti di tutti quegli uomini che hanno provato a vivere senza Radici; a doversi costruire uno spazio d'identità salvaguardando i propri ideali, la coscienza d'esistere e di costruire una nuova dimensione per sé stessi e le persone a cui vogliono bene. La nascita di una società a misura d'uomo passa anche attraver­so questi versi semplici che possono essere definiti piccole gemme.

Anno 1994

Clelia Brambilla: Incontro - Ediz. Concorso “Primavera Peregallese1993” (1° Premio)

"...Apparsa nell'arco della finestra
la luna disegnò un bordo d'argento
intorno alla tua mano tesa
e al tuo collo sottile".

(da “Notturno” di H. Hesse)

L'amore è il filo conduttore dei versi di Clelia Brambilla. È in esso che avviene la catarsi del poeta; si consuma ogni fibra e si rigenera. Innumerevoli sono i "modi" di avvicinarsi alla poesia; il sogno, la fiaba, l'esperienza, la profezia e oltre; la Brambilla ha scelto il canto d'amore e lo sviscera in ogni sua sfaccettatura, Che dire di questa donna che vive la vita di ogni giorno come su di un'isola sospesa nell'etere delle sensazioni e per mezzo delle quali si ancóra alla vita? Crediamo che la risposta tocchi per una volta al lettore che vorrà incamminarsi attraverso di esse alla ricerca delle verità celate.
Questa è la prima raccolta pubblicata dalla Brambilla, ma i suoi testi poetici hanno già avuto altre soddisfazioni in diversi premi di poesia ai quali ha avuto modo di partecipare e che per lei sono stati uno stimolo a proseguire il cammino poetico. I risultati di questa sua ricerca vengono ora premiati nella silloge pubblicata dal Concorso "Primavera Peregallese" 1993 che le ha assegnato il 1° Premio.

Premio Nazionale “La Culla 1993” -Ediz. Longoni Litotipografia Briosco (Mi)

«E ancora meraviglia di esseree di pensare...» (David M. Turoldo)

È bello ritrovarsi e iniziare questa tredicesima edizione del «Premio la Culla», Natale in poesia 1993, con le parole di un amico, un caro amico che sarà sempre con noi. La poesia è come un fiume, scorre nei versi con le parole degli uomini e ne unisce gli innumerevoli rivoli per condurli al mare dell'amore universale. In una «Culla» sì raccolgono i sogni di tutti e da essa si dirama la forza del «granello di sapienza». Circa settecento testi sono giunti da ogni parte d'Italia in occasione di questa edizione che nasce dopo la pausa doverosa nella memoria di Padre Maria Turoldo.
Il suo insegnamento ha reso morbido l'impatto dopo la sosta, facilitando il lavoro di valutazione degli elaborati ai componenti la giuria. Una novità è quest'opuscolo che racchiude solo una parte dei testi, e vuole essere un momento di riflessione sui concetti espressi dalle molteplici realtà di bambini, uomini, in attesa attorno al «Mistero Divino».

Anno 1995

Premio Nazionale “La Culla 1994” - Ediz. Longoni Litotipografia Briosco (Mi)

«Esplose nel volo
frantumato delle stelle
l'anima pellegrina»

(da «Compagni di viaggio»
di Maria Organtini ediz. Montedit)

È il percorso della poesia a rinnovarsi in un continuo crescendo di esperienze, di accadimenti che puntualmente ritroviamo ad ogni nuova edizione del Premio «La Culla», e questo c'invita a proseguire nell'incontro fiducioso con tutti coloro che guardano a questo Premio con serena amicizia. «Ai poeti resta da fare la poesia onesta» questo diceva Umberto Saba e la sua poesia lo era, perché riflesso della sua vita. I nostri poeti che giungono alla «Culla» da ogni parte d'Italia sono espressione di questa onestà che s'identifica con il vissuto quotidiano; non a caso le problematiche affrontate sono le più disparate: la guerra in Bosnia, la fame nel mondo, l'alluvione in Piemonte, la nascita e la morte di persone care. Tutto questo complesso di accadimenti sono vissuti con immediatezza e semplicità per giungere a testimoniare in poesia. Scrivere poesia è un atto sociale, un cercare di stabilire un «ponte» fra gli uomini. I poeti «dialettali», scrivendo, tramandano ai posteri immagini e usanze del passato che altrimenti verrebbero dimenticate e, così facendo, salvano la loro cultura. I giovani che si avvicinano per la prima volta al mondo della poesia, scoprono una possibilità espressiva che li aiuta ad indirizzare al meglio le proprie potenzialità espressive. Il poeta è colui che dotato di sensibilità, intelligenza e fantasia s'adopera ad acquisire al meglio le tecniche, che fanno di un semplice scritto uno scritto di «poesia». È bello passeggiare tra i versi di un poeta, perdersi nella sua «anima» e ritrovarsi fratelli, perché abbiamo riconosciuto nell'altro il nostro compagno ideale.


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