Maria Organtini


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Dal 2001 al 2003

Le prefazioni scritte

Anno 2001

Vent’Anni: Cenacolo Pamb - Ediz. Tipografica Sociale Monza

«Molta follia è suprema saggezza
per un occhio che capisce
Molta saggezza, la più pura follia"
(1862-E. Dickìnson)

E noi che da vent'anni perseguiamo! valori del buono, del vero, del bel­lo attraverso l'Arte e la Poesia di gente comune che vive e opera in Monza e nella verde Brianza, forse abbiamo creato uno "spiraglio" tra follìa e saggezza. Follia, perché crediamo ne! lavoro ar­tistico dei nostri soci; saggezza, perché quando un uomo affida alla penna o al pennello i suoi sentimenti, la sua stessa ragione di vivere, allora è saggio porre attenzione al suo operare. Questo è ciò che in vent'anni abbiamo fatto, con la collaborazione di quanti, come me, hanno creduto e amato questi Artisti e le loro opere. Oggi li trovate qui, raccolti in questo catalogo che vuole essere una testimonianza d'Amore per la città di Monza. Molti nomi sono passati nella nostra Associazione, nomi che hanno dato e preso considerazione e lustro.
A tutti abbiamo cercato di offrire una possibilità di confronto e a volte di conforto nelle mille vicissitudini della vita. Qualcuno è partito, ma molti sono tornati. C'è spazio per energie fresche, nuove e questo c'è di stimolo per continuare a proporre la voce di tanti artisti, perché è per loro che vent'anni fa accettai di vivere, sfidando le avverse previsioni, questa meravigliosa avventura che la vita mi offriva. Questa, è ancora una volta la mia follia, vissuta forse con saggezza.

Anno 2002

Antologia II 1992/2002: Cenacolo Pamb - Ediz. Tipografica Sociale Monza

Ancora una volta mi appresto, dopo altri dieci anni, a parlare degli accadimenti che in un arco di vent'anni, hanno visto partecipe il nostro Cenacolo alla vita culturale della Città di Monza e non solo. Gli eventi, sono stati tanti che si fa fatica a darne una breve analisi. Ma, sentiamo dentro di noi una tale gioia che il parlarne non ci costa poi molto. I ricordi vengono spontanei alla mente; personaggi noti che ci hanno onorato con la loro presenza e dei quali serbiamo un grato ricordo.
Questa "Antologia II" racchiude la sintesi delle esperienze che ci hanno portato ad una crescita interiore, stimolo per tutti noi verso nuovi traguardi. Abbiamo cercato di esplorare nel campo dell'arte le strade del "segno" in ri­ferimento al dettato grafologico; la fotografia e la poesia, ci hanno permesso d'approfondire le tematiche culturali della nostra Terra di Brianza con le sue tradizioni. Negli otto anni del Corso di Poesia, tanti sono stati i personaggi ospitati, ma per non tralasciare nessuno vi rimando al paragrafo che dettagliatamente tratta questo argomento. Numerose sono state le pubblicazioni relative all'Arte e alla Poesia, con particolare attenzione al settore giovanile, la cartella grafica "Duetto" è stata l'espressione che, in quest'ottica, con rigore di documento lo testimonia La programmazione dì questi ultimi dieci anni risulta significativa ed evidente nello scorrere le date e gli argomenti; il messaggio di dialogo, pace e amore, resta aperto con tutti coloro che ci hanno seguito.
Importante è per noi il Premio Internazionale di Poesia che richiama a Monza ospiti da diverse regioni d'Italia e anche dall'estero. Nella nostra Associazione, è sempre stato vivo il sentimento dell'amicizia e della solidarietà, siamo stati tutti volontari, il nostro premio più bello è stato veder riconosciuto il merito dei nostri Soci e il loro successo ci ha dato lo sprone a continuare. Il mio grazie sincero e un ricordo particolare, desidero esprimerlo a tutti coloro che si sono alternati come componenti del Consiglio, per i sentimenti di fedeltà, stima e fattiva collaborazione. Per un futuro, mi auguro, che questo "seme di vita" culturale possa germogliare sempre nuove speranze, produrre fiori di pace per Monza e nel Mondo.

Ambrogina Sirtori: Percorsi - Ediz. Montedit

Questa seconda fatica poetica di Ambrogina Sirtori, si evidenzia subito nel carattere schietto e genuino dell'autrice che ama e vive la montagna con i suoi paesaggi, i pendii scoscesi, le cime innevate o splendenti nel sole, dove tanti, molteplici sono i "Percorsi" che hanno contribuito ad estasiarne l'anima a tal punto da intitolarne la Silloge.
I versi sgorgano immediati dalla sua penna, proprio come fa l'acqua nei torrenti di montagna che zampilla fresca e da ristoro e poco importa che siano i versi scritti nel lontano 1970 a catturare l'attenzione con i ricordi dell'adolescenza. L'amore per la montagna segna le tappe della giovinezza fino alla maturità della poetessa che nel tempo affina la sua sensibilità e carica di significati più completi il verso che da "cantore" delle immagini coreografiche del paesaggio, diviene "canto" ricco di emozione e d'esperienza. Là dove la montagna si presentava come "sosta serena", diviene punto d'osservazione nella poesia intitolata a "Vassena" e da cui ha inizio un controllo critico che fa riflettere come in "Donne di Montagna", che sono definite: ...custodigelose / di mille tradizioni. In "Nostalgia" il sentimento è vissuto con consapevolezza fino alla promessa del ritorno: ...Ho lasciato alle spalle / sentieri di ghiaia... Sogno di tornare ai luoghi della serenità. Ecco dove nasce "Percorsi", nel sentimento di gratitudine che l'autrice coltiva per la montagna, la sua vastità, l'immensa sete d'azzurro che ristora l'anima. È questo un dono che rende prezioso il volumetto per il contenuto d'umanità che ci rivela la capacità dell'autrice di dipingere nel verso, le immagini incontaminate delle sue vette al tramonto, della magnificenza del progetto divino: Guarda! Le alte cime intorno / perdono luce a poco a poco. / È l'ora del crepuscolo. /...Godi la pace che palpita nell'ombra, (da "Dolci Inviti").

Riccardo Colombo: I due mulini - vol.1° - Ediz. Montedit

“Due Mulini c’erano in casa mia…” così ha inizio questa raccolta di poesie di Riccardo Colombo, datata 25 ottobre 1967, e che arriva sino ai giorni nostri. Per comodità del lettore l’abbiamo suddivisa in due periodi: 1967-1987 /1988-2001. Questa suddivisione ci permette di conoscere ed analizzare più in profondità l’opera del poeta che vive il verso a completamento dell’altra sua vena artistica: la pittura. Dipingere, scolpire o scrivere, sono le molteplici sfaccettature di un prisma che ha le sue radici nell’infanzia dell’uomo, del dialogo incessante con la sua interiorità, quasi un grido che si ripete infinite volte in un’eco primordiale: esisto anch’io! E’ da qui, da questa forza che preme in lui e lo conduce per i sentieri impervi della poesia dove le parole si trasformano in segni che tracciano percorsi ora piani altri accidentati, ma sempre presenti nel ricordo, nella memoria dell’aria. La famiglia, fulcro primario, un pozzo dove il Colombo attinge a piene mani, ed ecco allora “La scrivania di mio padre” questa figura che torna con gli ideali di lavoro, ordine, ma anche di solitudine. Il tema della solitudine, caro a tanti poeti, trova in Riccardo un compagno di viaggio chiaro, determinato “… la solitudine non è capita dagli altri,/ mentre li raggiungi; scende di valore/ mentre la comunichi/…” (Mezzogiorno nel Teramano) quante verità in questi versi!
Ho vissuto diversi giorni con queste poesie, e ogni volta, nel rileggerle, ho trovato nuovi spunti, nuovi motivi per vivere questa esperienza nel verso di un’umanità complessa e completa, attenta e vigile delle metamorfosi di un uomo che vive e soffre il suo tempo. Hermann Hesse ebbe a definire i poeti ali d’angelo e disse: “Voi cogliete e date nome alle cose, traendole dallo specchio concavo, spirituale rifrazione del Divino e dell’Essere e della libertà e della vostra solitudine interiore, conciliate i poli opposti e ne fate un valore”. Credo che il senso di questa definizione possa essere la chiave di lettura di queste poesie dove le immagini descrittive dei paesi (pennellate di inchiostro) che variano nel pulsare della sensibile penna, ben si alternano ai momenti di gioia pura come nella poesia “Primo volo” dove all’ebbrezza del volo si unisce l’emozione d’amore vissuta con la compagna a cui dedica la chiusa “…E tu stupita mi segui fiduciosa/ per salvarmi dai mali.” Abbandono alla tenerezza, alle gioie della famiglia. Tutte questa parte delle poesie risente del bisogno di approfondire sensazioni, umori, di leggere attraverso le parole il colore della natura fissarlo fino nell’accurata punteggiatura del verso; gli accapo sono equilibrati e incisivi.
La vita segnata da date, ricordi, è una lunga storia con infiniti personaggi e non importa che siano della famiglia oppure incontrati per caso, vissuti un attimo, un giorno o di più. Ad ognuno egli ha dato la sua collocazione, ha fissato il suo tempo come nella poesia “La regina dei cani”. Attenzione agli altri per gli altri: “… impara il silenzio Giovanni,/ come le onde dicono/ lottando lievi sulla riva del mare…” (da “Giovanni in riva al mare”). Questa esortazione al figlio ci mostra un’altra caratteristica del poeta che sente su di sé la responsabilità di essere padre e prosegue invitando il figlio a vedere “…guarda la sabbia, Giovanni,/ con i sassi rotondi e colorati” così facendo egli sfoglia con lui il grande libro della natura come in un bel gioco e poi il gioco continua e tutta l’infanzia viene cantata con amore nel verso che ne segue la crescita e in lui egli rivede se stesso e gioisce delle gioie che non furono sue. Ma i figli crescono ed a cadenze alterne egli ne segue le metamorfosi ore esortandoli ad avere fiducia in se stessi, altre volte portando loro ad esempio la vita come nella poesia: “La coppa d’oro”, dove alla gioia effimera di una vittoria, egli contrappone la gioia vera del suo amore di padre “…guardami/negli occhi e capirai/tutte le sofferenze che ho avute/per non aver creduto/alle cose apparenti./Ti amo, Alessandro, per sempre.”
Le radici, la famiglia d’origine tornano sovente nelle sue liriche: una memoria del tempo.

Riccardo Colombo: I due mulini - vol.2° - Ediz. Montedit

La fantasia, la creatività, sono serviti a Riccardo Colombo come mezzo rivelatore di realtà sia che si tratti di “segno” pittorico che poetico. Non posso iniziare questo secondo capitolo senza accennare brevemente alla sua Arte pittorica perché credo che la sua abilità nell’adoperare la tavolozza ed il pennello si completino nel verso poetico che descrive la vita, il quotidiano esistere. Egli ama il suo mondo, ma lo trafigge nel -quadro- con i segni marcati neri, nella –poesia- con il continuo, martellante riferimento alla morte. “Le mie opere saranno lacerate/come quelle di ognuno,/ma la mia bocca si libererà/dall’universo. (da “Testamento”). I colori si alternano: rosso, nero, verde piombo, colori forti come i sentimenti che li evocano e di cui egli ama servirsi per rendere vivi, reali e immediati i suoi versi. Lo stile a volte drammatico richiama alla mente la poetica del Foscolo, la sua squisitezza formale, la capacità di comporre la scena come nella poesia “Che silenzio”, dove la quotidianità ricca di personaggi è orchestrata in un crescendo d’immagini e situazioni che la rendono attuale anche se datata 15 agosto 1989. E’ nella realtà semplice di ogni giorno che Colombo trova le immagini felici per parlare dei sentimenti, così nascono:”La doccia di casa”, “Perché c’è il mercato”, “Alla nave di diletto” e altre. La ricerca interiore del poeta è, si può definire, a senso unico perché la Morte, perché la Vita e Dio? Quando egli vuole ricordare figure quali un sacerdote morto, un amico o altre persone che più non sono, il verso lievita nell’anima che cerca e intravede Dio, vorrebbe incontrarlo, conoscerlo, fare la Sua volontà. Nella poesia “Parlami, o Dio”, s’intuisce una supplica che commuove perché nata nel suo cuore dagli insegnamenti materni, si scontra e approda con i suoi limiti di uomo introverso, segnato dalla primigenia sensibilità. Ci sono poesie che restano come un’oasi nell’insieme del lavoro perché fine a se stesse, recitano la bellezza per quello che è senza secondi fini. Sono come un sorso d’acqua pura che disseta il viandante uomo:”Che scherzo fai luna/in cielo stellato, stasera,/agli uomini che vanno in fretta. (da “L’eclissi di luna”) La balia, i genitori, i fratelli, la moglie e i figli che nel tempo sono maturati; provocando in lui mutamenti, creando interrogativi e dall’amore, dall’orgoglio di padre si passa al rimpianto per le parole mai dette, i pensieri nascosti: “…La vita è difficile, Giovanni,/ma non fare come me/che piango sempre solo/disteso sull’erba,/con nelle orecchie/la memoria dei geni.” (da “Pensieri scritti in fretta”). Rimpianto, nostalgia, questa è in fondo la sua poesia scritta per non dimenticare d’aver vissuto come creatore d’immagini per una “profezia” nel nome di Colui a cui tutto ritorna.

Anno 2003

Josè Eriche Briceño Berrù: Quel furtivo dio dell’Amore

“La poesia é saggezza che incanta il cuore.
La saggezza é poesia che canta nella mente.
Se potessimo incantare il cuore dell'uomo
e al tempo stesso cantare nella sua mente.
Allora l'uomo vivrebbe davvero all'ombra di Dio.”
(Gibran)

Nella vita di un uomo, tutto ciò che fa parte del suo bagaglio culturale segue ed insegue il sogno della conoscenza. Il poeta José Enrique Briceño Berr? nella sua opera "Quel furtivo dio dell'Amore" ci fa dono delle immagini della sua terra filtrate attraverso l'emozioni dei sentimenti che scuotono la sua anima.
L'amore, da sempre è un ottimo reagente agli stimoli della vita e ci spinge a creare, ci fa rivivere gli attimi che credevamo svaniti nel nulla. Il poeta ha il dono di creare dal sogno e per questo che a volte sente su di se il peso di liberare dalle catene della vita gli egoismi, i ricordi, fino a gridare nel verso: "Non voglio che questa pietra mia/che porto appesa al cuore,/cada sulla coppa che sosteneva/le minuscole navi della tua illusione,." (da Burrasca), questi versi, da soli basterebbero a spiegare il desiderio che anima José Briceno nella ricerca oggettiva dell'essere poeta appassionato dell'amore nelle sue diverse e differenti accezioni. La sua esperienza di vita racchiude in se l'origine peruviana e la tradizione poetica del suo Paese, poiché egli è nato a Chulucanas ed ha studiato nelle università di Trujillo, Lima, Barcellona, Roma e Milano. Egli canta il dolore, la morte, la vita come se fossero elementi di un paesaggio appena abbozzato, in cui la penna, che sostituisce così il pennello del pittore, avesse la facoltà di alleggerire, senza forzature, il disegno definitivo dell’opera letteraria che egli poeta rimanda al suo Creatore.

Jaia Mary Chesterfield: Il tè in un soffio di vento

Questa opera prima poetica di Jaia Mary Chesterfield, richiama alla memoria un poeta francese:Paul Gerardy che scrisse in forma di diario la sua storia d’amore curando le varie fasi del rapporto sia in positivo che in negativo nate da essa. Ho sostato a lungo in questa prima lettura di “Il tè in un soffio di vento”, la silloge dove noi troviamo sì una storia d’amore ma, essa si snoda sull’onda dei ricordi nell’intento di non far morire l’amore, bensì di vederlo rinascere e rafforzarsi. La nostra poetessa sa rendersi accattivante nel discorso retrospettivo dove gli affetti legati alla madre e alla nonna, la portano a rivisitare i luoghi della sua infanzia, le intimità del focolare domestico, le tenerezze del quotidiano vivere che lei riesce a descrivere con serenità. Non mancano i momenti forti, dove l’impatto con la realtà pare rendere più faticoso il percorso di ogni giorno, ma lei stessa ci offre la soluzione del problema:…Sono tornata sulle sponde del lago, quel giorno/per incontrare l’essenza della mia vita,/per potermi specchiare nel passato./…Le gioie della maternità alleggeriscono il dettato poetico e il verso torna ad essere limpido:…Bianche tende alle finestre/e tulle azzurro sulla culla…Anche la filastrocca si affaccia come spiraglio di sole nella nebbia ad illuminare i ricordi che sono il tessuto e la trama de “Il tè in un soffio di vento”, versi ricchi d’emozioni che a tratti disegnano scorci pittorici quando parla della natura sia del lago che del parco dove Jaia Mary colloca personaggi fantastici quali i folletti, le fate, ecc…, in una prosa-poetica non scevra di un suo particolare fascino. Accattivante, la sua poesia si legge come una storia di cui l’autrice è protagonista e guida consapevole, attenta al suo fruitore, a tutti si offre l’occasione di leggere la sua poesia mentre, cortese padrona di casa, offre con un sorriso:..”Il tè in un soffio di vento”

Alba di vita: Francesco Di Ruggiero - Ediz. Tipografica Sociale

«La capacità di cogliere e di esprimere dal vivo gli stati d'animo fa il poeta»
(da una massima di Goethe)

Già nel titolo «Alba di vita», possiamo scorgere il seme di quanto affermato nella massima di Goethe dove... la capacità di cogliere e di esprimere..., sono fondamentali per creare lo stato d'animo di chi si accinge a scrivere poesie. Questa raccolta, frutto di un Laboratorio di Poesia, testimonia l'attenzione e l'amore per la vicenda umana di cui gli auto­ri si fanno interpreti nei vari stati d'animo rivelando momenti d'abbandono da cui «...Nasce la speranza», come nella poesia «Silenzio» che apre la raccolta. Ed ecco che nel «Silenzio» avviene l'incotro con l'Io vero che crea emozioni e fa battere «...il cuore, in tumulto». I desideri alimentano spazi altrimenti vuoti e creano un feeling fra il verso e l'emozione in una partita, che ha per premio finale l'incontro d'amore. Questa parola amore che traina tutta la raccolta in un desiderio a volte sommesso, reso quasi impercettibile, altre urlato, ma sempre attuale. La poesia aiuta a riscoprire la vita attraverso la propria sensibilità e il poeta medesimo scrive «... Nasce così la poesia / mettendo ali al mio cuore / per volare verso l'infinito» (da Poesia).
Anche il dolore è un veicolo di poesia, l'incontro, l'amicizia, tutto contribuisce a dar vita e rende questa raccolta ricca di con­tenuti che fanno riflettere. Le vie della poesia possono essere molteplici, ma Goethe ne individuò otto: il cielo, il creato, i colori, il silenzio, l'evocazione, le ore, l'eterno e la parola. Noi le abbiamo trascritte affinché il lettore possa individuarle singolarmente nella lettura dei testi che proposti in «Alba di vita», rispondono pienamente a questo canone letterario.


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